
BURY YOUR DEAD: firmano con Stay Sick Recordings e pubblicano un nuovo EP
Dall’etichetta Stay Sick Recordings, che al momento vanta uno dei roster più spaccaossa del genere metalcore, deathcore e variante aggro, un acquisto recente e una delle band con la lineup più tormentata della storia del metalcore: i BURY YOUR DEAD. La fondazione risale al 2001 nello stato del Massachusetts, a Boston e ad oggi schiera i suoi membri come segue: il cantante Mat Bruso, il chitarrista Chris Towning, il bassista Aaron “Bubble” Patrick e il batterista Mark Castillo, che è l’unico componente della formazione originale.
Con sei album in studio: You Had Me at Hello (2003), Cover Your Tracks (2004), Beauty and the Breakdown (2006), Bury Your Dead, (2008) It’s Nothing Personal (2009), Mosh N’ Roll (2011) e un live DVD, Alive, sono caduti tra le pieghe del tempo fino a marzo del 2019, quanto hanno annunciato di aver firmato un contratto con Stay Sick Recordings, capitanata dallo stravagante cantante degli Attila, Fronz. Con l’annuncio è arrivato il singolo Collateral, parte del nuovo lavoro WE ARE BURY YOUR DEAD EP in uscita l’11 ottobre 2019.
BURY YOUR DEAD. WE ARE BURY YOUR DEAD EP.
Track by track review
A distanza da otto anni dall’ultimo lavoro, i Bury Your Dead ritornano ad affacciarsi sulla scena con qualche anno in più e con una collezione breve ma blindata.
Il viaggio parte da Minority Report con qualche secondo di accattivante riffing in avvicinamento. La formazione non tarda a spaccare la porta a calci e lo fa col suo ariete Mat Bruso, in rancore vocale all’ennesima potenza. Il brano di apertura non è né più né meno che un pezzo metalcore granitico con una dose massiccia di riffing tagliente e un accompagnamento sostenuto di pelli in frequenti impennate. Il brano spinge sull’heaviness senza fronzoli e ruota intorno a un ritornello al confine del groove. Un passaggio interessante è quello in apertura dal secondo minuto, dove i chitarroni ultra down-tuned e più profondi dell’oblio nero di cui il brano si va a ricoprire, sono incastrati a una mitragliata di blast beats precisi al micron e a un giro di chitarra tedioso nel sottofondo. Si tratta di un interludio che serve a caricare potenza (ancora di più!) sulle ripetizioni finali del ritornello. Il sound attuale della formazione, tendente chiaramente all’aggro metalcore e al chug metalcore, esposto sin da questo primo capitolo, è chiaramente in linea col massacro sonoro delle altre band dell’etichetta, che per similitudine non poteva che accogliere i bostoniani più tormentati del -core.
La parola d’ordine per il prossimo brano sorge spontanea fin dall’apertura: headbanging. Oblivion è costruito intorno al sincopato, traino d’acciaio del groove dell’intero arrangiamento, cortesia di un tappeto ritmico regolare e del botta e risposta col riffing. La seconda sezione mette in vetrina il meglio dell’aderenza sulla doppietta di pelli e corde apocalitticamente accordate. Immancabile breakdown fest, il pezzo suscita uno sbatti testa quasi istantaneo a ritmo di randellate. Buio e tediato, chiude gli occhi completamente alla luce e risucchia dentro all’occhio del ciclone, più nero della pece.
Metalcore, ossia sinonimo di chitarre rampanti. É il caso di Maverick, esposizione primordiale del palm muting mordi e fuggi, del boato di chitarra e in breve, del chug metalcore. Con una serie di elementi sintetizzati nel retro che distribuiscono quell’ambience favorevole all’orecchiabilità oscura di certi arrangiamenti belli e dannati, questa traccia a tutti bassi e chitarre serrate, vibra di drammatico. Subisce una serie di accelerazioni e rallentamenti che però non incrinano minimamente la corazza ostile del brano, anzi la rinvigoriscono, tanto nella frenesia, quanto nella solennità del down tempo.
Lions For Lambs incede con una ventina di secondi di protagonismo di chitarre in varie stilistiche fino all’arpeggio che precede le harsh vocals e in seguito le accompagna. Il cantato sul growl feroce non ha abbassato minimamente l’asticella dell’infernale attraverso tutti i brani e fino a qui. Come per Oblivion, il tappeto ritmico più regolare consente un headbanging spontaneo, supportato dalla ritmica coinvolgente di base che spinge irrimediabilmente ad accodarsi all’orda che vuole ricantare con Mat Bruso. Il brano accoglie un intermezzo esclusivamente nebulizzato e atmosferico che arriva in lenta progressione intorno al minuto 2,06. Ovviamente, l’ambient spacing DEVE essere preludio all’esplosione di un breakdown, ebbene si perché i Bury Your Dead ne calano uno tra i più mastodontici dell’intero disco. E arriva a spaccare una voragine sull’intero arrangiamento prima di chiudere.
È il momento della traccia estratta come lead single e collocata alla fine della selezione: Collateral. La mina antiuomo scoppia con la pressione del tasto play e un Mat Bruso più violento che mai, che ce l’ha con qualcuno che ha oltrepassato il limite. Corde ultra dissonanti e caos volutamente non controllato con sfumatura hardcore nell’occorrenza della frenesia ritmica, si propagano attraverso l’intero arrangiamento insieme a cori che aizzano il cantato principale. E tremano assieme al riffing nevrotico di un brano infernale e capace di infliggere danni collaterali in forma permanente.
Fermo restando che i Bury Your Dead non hanno reinventato il genere dopo otto anni, ma piuttosto hanno trovato una nuova collocazione in un genere che nel tempo è necessariamente cambiato. Con We Are Bury Your Dead EP, propongono un viaggio attraverso cinque brani demolitori alla stregua del metalcore più consolidato, capaci di smuovere il mosh o l’headbanging a seconda degli episodi e dei gusti, ed è un ascolto consigliato per coloro per cui vale una formula testata heavy=good.
A furia di breakdown e rombo di corde, l’assalto sonoro viene avanzato a sfondamento e senza mezze misure. PREPARARSI ALL’IMPATTO.
Rating: 9.5/10
Brani suggeriti: Minority Report, Maverick, Lions For Limbs
Bury Your Dead – We Are Bury Your Dead EP tracklist:
1. Minority Report
2. Oblivion
3. Maverick
4. Lions For Lambs
5. Collateral
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