
CONVERGE. BEAUTIFUL RUIN EP.
La bellezza della rovina.
Il 29 giugno 2018 torna a urlare il quartetto da Salem, i Converge, dopo il nono album in studio The Dusk In Us, e quello che fu un disco claustrofobico, tormentato e caustico, in pubblicazione lo scorso 3 Novembre 2017 tramite Epitaph Records. Lo fanno con Beautiful Ruin EP. Per la recensione di the Dusk In Us di SICK AND SOUND:www.sickandsound.it/converge-the-dusk-us-tramonto-dellesistenza-buio-lelisir-salvazione.
In sei minuti esatti, i Converge racchiudono alcuni pezzi dalle sessioni di incisione escluse da The Dusk In Us e soffiano benzina sul fuoco devastante ma composto del precedente full-length. L’espiazione dei peccati, l’afflizione dell’essere umano alla tormentata ricerca di una salvazione proseguono il proprio sermone sulle corde vocali dello screamer più lacerante del panorama hardcore e metalcore attuale, Jacob Bannon. Li collocano nel metalcore dalle frange più sanguinanti, l’hardcore contaminato dal metal, nel mathcore, nello sludge metal. Amati da alcuni, detestati da altri, sono i portatori del marchio più infuocato e astioso stampato a vivo sulla musica. Per me sono i Converge, punto. E nessun altro è come loro.
CONVERGE. BEAUTIFUL RUIN EP.
Recensione dettagliata
1. Permanent Blue
2. Churches and Jails
3. Melancholia
4. Beautiful Rain
La bellezza della rovina. Non c’è nessun fascino legato a qualsivoglia forma di armonia nei Converge. Beautiful Ruin è un compendio di brutalità aggiuntiva all’ultimo disco, espandendosi su diverse stilistiche tutte portatrici dell’etichetta estrema.
Al via l’urgenza hardcore dei Quattro da Salem con la traccia opener Permanent Blue. Un brano perforato dallo screaming inconfondibile di Jacob Bannon per la causticità vocale, che insegue coi suoi fraseggi un arrangiamento fatto di una texture di chitarra composita e una sezione ritmica accelerata. Il riffing è magistrale, delineato e melodicamente gustoso. D’altronde stiamo parlando dei Converge.
Chi parlava di fantastico riffing? Sentite come apre e prosegue Churches and Jails. Giudicate da voi. Fra redenzione e detenzione, la traccia si dimena su una doppia nevrosi: di pelli e di corde, e tocca l’asticella della velocità senza mai pestare il freno. Al termine di poco meno di un minuto e mezzo, nella scatola cranica si risentirà ancora il riffing breve e affrettato. Un pezzetto con potenziale, nonostante la sua breve vita, di scatenare un mosh pit.
Lui sì che è il pezzo forte di Beautiful Ruin: Melancholia . Non ho forse mai recensito un brano così corto con tanta qualità strumentale. Il lavoro di corde è una colonna portante di tutte le tracce, e qui è fondamentale nell’arricchimento di un brano che di per sé è già portatore di aspetti normalmente contrastanti fra loro. Strano ma vero, l’orecchiabilità si accosta al caos strumentale, di corde di elettrica soprattutto, che sono così distorte da perforare la materia grigia. Sono accostate a un massiccio lavoro di bassi e un tappeto ritmico regolare. Cola con oscurità e tedio sull’ascoltatore.
Guarda il video ufficiale per Converge – Melancholia:
Non potevate aspettarvi la caramella alla fine, e i Converge non ve la danno. Vi regalano di più, la bellezza della rovina: Beautiful Ruin. Un minuto e ventidue spaccati essenzialmente in due parti: 57 secondi di lacerazione vocale e strumentale che frusta il passo del migliore hardcore di tutti i tempi, su chitarra rapidissima e ultra crunch, urla dilanianti e struttura di percussioni che sono il fragore dell’orecchio medio. Gli altri 65 secondi lasciano a bocca aperta, effetto jaw dropping dovuto all’ingresso di un tempo medio che lascia spazio ad un lead di elettrica eccezionale che conduce fino alla fine.
Qualità, tanta qualità in soli sei minuti con un titanico lavoro di chitarre sotto alla spessa coltre della ferocia ritmica e vocale. La lacerazione che scuote l’animo. I Converge che non deludono mai. E non lo fanno neanche stavolta. BEAUTIFUL RUIN EP.
Rating: 10/10
Brani suggeriti: Melancholia, Beauiful Ruin
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