
I PREVAIL.
Più dura la lotta, più gloriosa la vittoria.
Torna uno dei quartetti più amati del metalcore statunitense, la band di Brian Burkheiser (clean vocals), Eric Vanlerberghe (harsh vocals), Steve Menoian (chitarra solista), Dylan Bowman (chitarra ritmica), Gabe Helguera (batteria), gli I PREVAIL. Provengono dalla periferia di Detroit, da Southfield, dove si sono formati nel 2013 e hanno debuttato con primo EP Heart Vs. Mind.
Hanno rivoluzionato il genere metalcore puntando su una miscela di altissima orecchiabilità di ritornelli virali e passaggi da rock arena, da sempre altamente melodici accostano anche contaminazioni elettroniche, breakdown vigorosi e riff esplosivi. Due linee vocali completano una formula di metalcore che ha coinvolto il sing along dell’intero panorama oltreoceano. Il 21 ottobre 2016 gli I Prevail hanno messo in vetrina il primo full-length Lifelines in release tramite Fearless Records, piedistallo di una notorietà che sarebbe stata destinata a durare.
Tornano con una maturità compositiva decisamente elevata e catalizzano un lungo periodo di tribolazioni all’interno del secondo album TRAUMA, in uscita il 29 marzo 2019 tramite Fearless Records/Spinefarm Records. Trauma è la vittoria sulle difficoltà e il trionfo su sfide che avrebbero distrutto qualunque altra band dello stesso panorama. A partire dall’infortunio alle corde vocali di Brian Burkheiser, un periodo oscuro e potenzialmente in grado di minare il futuro del cantante e della band, gli I Prevail si sono riuniti in studio per mettere quello che hanno dichiarato essere l’album che da sempre avrebbero voluto scrivere.
Trauma è un momentum della discografia degli I Prevail, intriso di emozione e vissuto personale, è magnetico e virale, vulnerabile e umano, rancoroso e resiliente. Sono tutte caratteristiche ritrovate nelle 13 tracce di questo lavoro che procede sfondando i perimetri del metalcore, sperimentando l’hip-hop, il melodico più armonioso e la confessione lirica.
I PREVAIL. TRAUMA.
Track by track review
Gli I Prevail aprono senza fronzoli, con uno dei due singoli lanciati a febbraio per introdurre il disco: Bow Down. Un pezzo assurdo dove il ritornello viscerale tipicamente alla I Prevail si innesta istantaneamente nella memoria. L’inconfondibile voce in clean di Brian Burkheiser è triturata dalla distorsione di Eric Vanlerberghe, che ritrovo più ardente che mai e che mai ha avuto bisogno di migliorarsi su uno screaming da sempre impeccabile. Tanta orecchiabilità, miscelata ad altrettanta heaviness dei break down e il riffing down tuned che l’ascoltatore metalcore cerca sbavando. Con un retroscena di sensazioni elettroniche e immancabili texture oscure, il pezzo si apre a metà su un interludio con niente di meno che un’arpa e atmosfera nebulizzata dal minuto 2,31. Il bridge tiene attaccati all’arrangiamento prima che l’ultima esplosione deflagri sul break down. Al via riffing breve, doppio pedale in frenedia, bassi mastodontici, mid growl e tutto il necessario per farsi fagocitare da un brano assurdo.
Guarda il video di I Prevail – Bow Down:
Alla seconda posizione una virata stilistica verso una base hip-hop down tempo che è introdotta da un arpeggio pulito e misterioso, su cui gradualmente entra il rapping sul verso, Paranoid. Si tratta di un brano con alta produzione, dove i versi in clean vocals sono trapassati dal rappato e da una coltre di ambience oscuro catalizzato dalla manipolazione elettronica, tastiere, e quant’altro sia sperimentale, senza regole, senza perimetri.
Guarda il video di I Prevail – Paranoid:
Per il prossimo pezzo il featuring è con Delaney Jane, cantante e songwriter dalla scena dance elettronica (meno elettronica e più pop nella verità). Si chiama Every Time You Leave e accoglie le double vocals Delaney/Brian ovviamente pulite, interamente melodico, armonico e decollocato rispetto al metalcore, abbraccia la sfera pop che ammicca ai brani più plastici del vecchio album.
Segue la guest apperance di Justin Stone, per il brano Rise Above It, dove l’elettronica si fonde all’hip-hop entrando a spallate con una squisita base palpitante, in down tempo sul rapping dei versi minimalisti e innesto di EDM nel resto delle sezioni. Una traccia ancora sperimentale che allunga le dita del metalcore sull’electronicore.
Il 26 febbraio gli I Prevail hanno annunciato l’uscita del disco con due singoli, Bow Down e Breaking Down, mettendo in mostra due facce dell’heaviness e della catchiness del disco. Breaking Down, è un brano che ripercorre l’esperienza personale di Brian con la depressione e i postumi del trauma subito alle corde vocali che ha messo in crisi la sfera personale e artistica del cantante. Sebbene il singolo più forte sia il primo, altrettanto heavy nelle sezioni di harsh vocals e sferragliamento di chitarre, questo brano si apre su un catchy chorus incredibilmente ricantabile. Ci sono intersezioni di pianoforte finale, tastiere e atmosferico a profusione nel corpo, in grado di regalare un altro momento di gusto trattenibile nella memoria. Sono per questi catchy chorus che gli I Prevail sono conosciuti del resto.
Guarda il video di I Prevail – Breaking Down:
DOA “dead on arrival” è un brano calato nella scena della rock arena moderna, partendo da una base hip-hop sincopata. Sfocia su esplosioni fragorose dovute al groviglio chitarra-corde vocali distorte che vortica intorno a sezioni radiofoniche. Si tratta di un brano con altissima orecchiabilità nel ritornello, e che vuole disperatamente guadagnarsi gradimento nel flusso e riflusso di heaviness e radio edit, giustapposti e imprevedibili. C’è qualcosa di Shinedown sulle esplosioni del pezzo. Il mio gradimento totale arriva sulle sezioni più pesanti sul break down dal minuto 2,52, tripudio di cattiveria in chiusura.
Come riprendere fiato sull’adorabile formula heavier=better? Detto fatto con la mosh inducing track Gasoline. Qui gli I Prevail rientrano interamente e con un orgoglio nel metalcore che sconquassa, senza una singola goccia di melodico. Spaccano la porta della selezione di brani a calci, alla stregua di un breakdown allucinante e adorabile growl supportato da un’orda di backing vocals altrettanto ostili. Non c’è ossigeno tra il riffing serrato, e il crunch mastica senza pietà. Sbattere la testa sul tappeto ritmico tritacarne e aprire un pit è la parola d’ordine. Qui gli I Prevail menano come non mai, non solo nell’arrangiamento ma anche nel testo, dove se ne sbattono di tutto e oltre.
Ci vuole una pausa ossigenante? Per me no, ma per alcuni si. La formula degli I Prevail, non sarebbe la stessa senza brani indorati. Ecco un altro brano che è commistione di heaviness e melodico: Hurricane. Si introduce su elettronico atmosferico, sottili backing vocals rappate nella seconda linea vocale del verso, e rock arena vocals sul ritornello, che ammicca alla versione dell’anthemic chorus. Il pezzo subisce un’evoluzione interessante dal minuto 2,11 alla stregua del metalcore più ignorante e sinistro che mai potesse essere diluito in un brano tanto armonico. E funziona, funziona alla grande su lontana reminescenza di band come i While She Sleeps dell’ultimo disco.
Let Me Be Sad. Tra arpeggi dolceamari e malinconici, pianoforte ed emozione colata in purezza totale sull’arrangiamento, si snoda un brano con una struttura fortemente evocativa nella sua semplicità. Dieci punti al melodico qui, che riesce a mettere a segno lo stesso impatto dell’incendiario e che lascia letteralmente entrare nel testo, che risuonerà con l’animo e il sentire di molti.
Low è orientato al lato ancora radiofonico del metalcore con rivisitazione elettronica. Nonostante non sia un brano con testo positivo, ha un groove coinvolgente che propaga energia distruttiva specialmente in coda al brano.
Con un semplice backdrop di pianoforte e una base hip-hop con verso rappato Goodbye, un brano in slow tempo e da 1 solo minuto e 43 con un testo significativo.
In coda al disco un metalcore banger come il genere comanda: Deadweight. Corre in cardiopalmo sul tappeto ritmico e procede su mastodontiche distorsioni aizzate da gang chants. Il ritornello è stato creato sulla formula da sing along alla I Prevail, e la potenza è elevata al cubo del down-tuned di corde e del massiccio martellamento del blast. Nella seconda sezione c’è il meglio del meglio del palm muting e dei break down più oscuri mai squarciati dalla formazione di Detroit. Vocalmente il pezzo è gloria di mid e low range growl e appoggio in registro alto del pulito da capogiro. Bellissima.
Per la traccia closer c’è un arrangiamento semi-acustico in entrata con una pulsazione lenta e suggestiva. Si chiama I Don’t Belong Here e procede su interventi di sussurrato e una chitarra acustica ovattata nel retro ed elettrica in clean leggermente riverberato, insieme a tutto quello che la voce riesce a fare da sola nel radiare emozione.
Ed è così che gli I Prevail chiudono un album che è un viaggio mentale a tutti gli effetti all’interno della visione di chi ha scritto queste 13 tracce e ci ha messo spaccati della propria fragilità e vissuto personale fino all’ultima goccia. Trauma è un album sperimentale e che esce dai confini del metalcore blindato. É un disco che arriva nell’espressività con la stessa onestà con cui è stata scritta e tra qualche pezzo da true headbangers e brani di seducente emozione, rappresenta una progressione memorabile nel sound degli I Prevail.
Rating: 9.2/10
Brani suggeriti: Bow Down, Breaking Down, DOA, Gasoline, Hurricane, Let Me Be Sad, Deadweight
I Prevail – Trauma tracklist:
1. Bow Down
2. Paranoid
3. Every Time You Leave (feat. Delaney Jane)
4. Rise Above It (feat. Justin Stone)
5. Breaking Down
6. DOA
7. Gasoline
8. Hurricane
9. Let Me Be Sad
10. Low
11. Goodbye
12. Deadweight
13. I Don’t Belong Here
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