
LIKE MOTHS TO FLAMES
Hanno appena varcato i dieci anni di musica e sono una delle formazioni più stellari del metalcore statunitense. Sono i LIKE MOTHS TO FLAMES con Chris Roetter, Jeremy Smith, Zach Pishney e Aaron Evans che si riaffacciano sulla scena con il quinto album in studio NO ETERNITY IN GOLD il 30 ottobre 2020 tramite UNFD. Un album con una produzione ancora impeccabile, non è altro che il continuum di un percorso discografico solido, che si posiziona tra le migliori release metalcore del 2020.
LIKE MOTHS TO FLAMES. NO ETERNITY IN GOLD.
Overview
I cardini del sound tipico della formazione tornano attraverso la caratura tecnica e una solida struttura fatta di heaviness senza compromessi. Riffing serrato, distorsioni vocali arcigne, breakdown e quant’altro costituisca la matrice brutale del disco, si lascia ancora avvolgere dalla sensibilità melodica, fatta di passaggi virali in apice sugli immancabili mega ritornelli della formazione. I Like Moths To Flames tornano nella veste migliore, raffinano ed elevano il suono a nuove altezze, aggiungendo anche una componente personale dovuta alle tematiche legate al vissuto del cantante Chris Roetter.
LIKE MOTHS TO FLAMES. NO ETERNITY IN GOLD.
Track by track review
Il nuovo lavoro dei Like Moths To Flames inizia col botto e The Anatomy of Evil. Il brano di apertura spara a pieni cilindri sull’ascoltatore, con un incastro di riffing tecnico e drumming incendiario, sorretti su una struttura solida di bassi. Una serie di giri circolari contribuisce al groove di cui è carico il brano, con una doppietta impeccabile di chitarra solista e ritmica. Sul lato vocale le voraci distorsioni, a fondo del growl, si sciolgono su un ritornello melodico dove è messo in vetrina il registro pulito con una transizione fluida.
Se il biglietto d’ingresso al disco si è mostrato valido, la progressione verso il secondo brano Habitual Decline è del tutto naturale. L’introduzione di questo pezzo è magnetica, con un giro circolare di grande fascino, appaiata a brevi mitragliate di blast beats e un lavoretto fine di palm muting. Una volta agganciato l’ascoltatore, il brano procede su una formula complessivamente bilanciata di melodico-aggressivo. Emergono una chitarra solista melliflua e un catchy chorus sul versante melodico e all’opposto, si schierano tutti gli innesti heavy. Occhio al mega breakdown che arriva prima della chiusura!
In arrivo una delle tracce preferite: Burn in Water, Drown in Flame. Brano atomico per il chug metalcore messo in primo piano. Un pezzo che sussulta ed esplode su un anthemic chorus squisito, non solo ricantabile ma capace di innestarsi nella memoria a lungo come uno dei ritornelli più memorabili del disco. Tra le intercapedini di un’architettura blindata, breakdown e un costante tappeto ritmico tellurico tengono alto il coinvolgimento e proprio in mezzo a quel chug costante, i LMTF calano un interludio minimalista di solo cantato pulito, che altro non è che il ritornello cantato in solo stavolta. Questo concede una distensione totale prima dell’assalto finale. Il brano è costruito su una struttura fatta di tempi perfetti e in grado di conquistare letteralmente l’ascoltatore.
Parlando di tecnicismi progressive e dita da fretwork furioso, Fluorescent White, che attacca e procede su un riffing serrato e rampante, sotto a cui si scorge con attenzione un altrettanto granitico lavoro di corde grosse. L’heaviness integra una componente melodica ridotta e in sola manifestazione sul ritornello appassionato, procedendo nel complesso su tempi esagitati e prepotenti.
God Complex sembra un brano avvolto da atmosfere mistiche e piuttosto enigmatiche, dovute essenzialmente a un guitar lead nefasto che giace costantemente sul sottofondo di una ritmica spezzettata e tendente al djent in superficie. Si tratta di un episodio carico di boato da down tuned e alternanze, differente dagli altri capitoli e capace di mostrare l’intero spettro della capacità compositiva targata Like Moths To Flames, che sconfina sulla valenza post-hardcore del ritornello. La coda del brano contiene un apprezzabilissimo istante di chug metalcore a tutti chitarroni e bassi plumbei.
Il disco non accenna minimamente all’arresto, anzi continua iniettando oscurità e un giro circolare stracarico di emotività noir come per la precedente traccia, nel caos impeccabilmente controllato di un accompagnamento sismico. Il brano si chiama YOTM ed era stato pubblicato circa un mese prima della release ufficiale. È una commistione di un drumming che pesta sull’acceleratore ritmico, riservando al contempo istanti di accompagnamento chirurgico con il lavoro di corde breve, blast beats ultra precisi e apertura ampia sul ritornello cantato a pieni polmoni.
Accattivante e appassionata, Killing What’s Underneath, si presenta con un attacco melodico potente, con un lavoro di chitarra centrale da arena rock. La traccia si rivela travolgente da capo a coda con un enorme anthemic chorus, trainante sulla passione del cantato e della chitarra in primo piano. Ammirevole è il breakdown calato nel coinvolgimento sognante, per niente scontato e forzato, si fa largo nella catchiness predominante, che attinge al post-hardcore se vogliamo. Un pezzo piuttosto teatrale, che si vede pienamente proiettato nello scenario dal vivo con una folla pienamente coinvolta che canta in sing along.
Con un brevissimo istante di atmosferico e un attacco tecnico di corde incede A Servant of Plague, un pezzo essenzialmente martellante e brutale. L’ostilità del brano si abbraccia a melodie spiazzanti esposte attraverso un altro ritornello glorioso che soffia acqua sull’animosità di tutte le altre sezioni. Il lavoro di chitarra ritmica e solista è un traino fondamentale della traccia e versa sia sul melodico che sull’aggressivo. Questo brano è un tipico episodio heavy-yet-hooky che la sa lunga di come distinguersi dall’intera selezione.
Un arpeggio leggermente riverberato viene cullato da un’atmosfera nebulizzata e gradualmente lascia il passo alle sole clean vocals, una percussione attutita e un’evidente presenza di basso. Si chiama Demon Of My Own ed è un capitolo scritto tutto intorno a un nucleo melodico e dotato di un fascino unico rispetto alle altre tracce. L’intero arrangiamento si nutre di un flusso e riflusso di minimalista, emozionale e malinconico, con esplosione sulla potenza di un ritornello emozionale. La dinamica è il tratto fondamentale della traccia, che si distingue per i tratti soffici.
Arpeggiata anche la penultima traccia Selective Sacrifice dove le chitarre si aggrovigliano sin da subito. Il livellamento subisce una transizione verso il palm muting più caustico e un tappeto ritmico sostenuto, talvolta alternato, che evolve dal medio al veloce. Come per altri episodi del nuovo Like Moths To Flames, è una traccia banger con un bel ritornello spazioso senza particolari glorie. Integra un paio di interludi strumentale fatto di tecnicismi, uno al centro e uno in coda, e un breve intermezzo vocale prima di chiudere con l’ultimo enorme chorus.
La chiusura avviene sulla nota noir e un arpeggio intriso di tormento e oscurità. Sono queste le tonalità che anticipano la traccia closer Spiritual Eclipse, un pezzo nevrotico che evolve su una variabilità costante della sezione ritmica, soffiando benzina, ma stavolta sul fuoco. Un ultimo ritornello memorabile, condisce il marchio a fuoco dell’intero brano dove torna quella valenza un po’ djent selvaggia, senza una regolarità ma potenza e rancore a spreco. Lo stesso ritornello è cantato alla stregua delle corde vocali in pulito, in botta e risposta con i versi regolati da harsh vocals infernali. In chiusura torna in circolarità sull’arpeggio tediato dell’introduzione e viene aggiunta una coda strumentale, con l’ultimo screaming squarciante del disco.
I Like Moths To Flames riprendono la formula del sound tradizionale, e riescono a raffinarla e portarla a nuove vette, caricando la parte tecnica, creando episodi di metalcore ad alto coinvolgimento e un bilanciamento di melodico e aggressivo equilibrato nella maggior parte delle tracce. La matrice heavy resta marcata e blindata, ma si arricchisce di dinamiche. NO ETERNITY IN GOLD è un album che si distingue tra le pubblicazioni metalcore del 2020 e in definitiva, una nuova pietra miliare della discografia LMTF.
Rating: 9.5/10
Brani suggeriti: The Anatomy Of Evil, Habitual Decline, Burn in Water, Drown in Flame, Killing What’s Underneath, A Servant of Plague
Like Moths To Flames – No Eternity In Gold tracklist:
1. The Anatomy Of Evil
2. Habitual Decline
3. Burn In Water, Drown In Flame
4. Fluorescent White
5. God Complex
6. YOTM
7. Killing What’s Underneath
8. A Servant Of Plague
9. Demon Of My Own
10. Selective Sacrifice
11. Spiritual Eclipse
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