
TOP METALCORE ALBUMS 2016-2017.
PARTE SECONDA
PARTE PRIMA
1. Trivium – The Sin And the Sentence
2. August Burns Red – Phantom Anthem
3. Architects – All Our Gods Have Abandoned Us
4. Counterparts – You’re Not You Anymore
5. Asking Alexandria – Asking Alexandria
6. Converge – The Dusk In Us
7. Kublai Khan – Nomad
PARTE SECONDA
8. Killswitch Engage – Incarnate
9. Veil Of Maya – False Idol
10. Novelists – Noir
11. Northlane – Mesmer
12. Make Them Suffer – Worlds Apart
13. Dead By April – Worlds Collide
14. Moments – Outlast
15. END – From The Unforgiving Arms Of God
PARTE SECONDA
8. Killswitch Engage – Incarnate
Da Disarm The Descent del 2013 l’outfit capostipite del metalcore Americano e apribandiera del genere, i Killswitch Engage avevano riaccolto il proprio lead singer storico, il Jess Leach dallo screaming truce e appassionato col suo ritorno dopo Howard Jones. Tornano la rabbia e l’aggressività originali della formazione che mette in atto una costruzione e distruzione del metalcore con il settimo disco, in release nel marzo del 2016 tramite Roadrunner Records, Incarnate .
Mettono in atto un assalto all’ascoltatore su ritmica deflagrante, guitar riff impeccabili, reboanti e perfettamente incastrati al martello pneumatico da blast a doppio pedale e delle toste basslines che stritolano la mano alle sorelle di corde di Adam e Joel Stroetzl. Le distorsioni vocali di Jesse Leach sono distintive come lo erano state fino alla dipartita, regalando momenti di clean and clear con una timbrica tuttaltro che scontata ma corposa, distintiva e particolarissima, distintiva nel panorama metal. I Killswitch Engage sfondano il muro sonoro come in apertura con Alone I Stand, regalano anthemic chorus ai propri fan impossibili da non memorizzare all’istante vedi Cut Me Loose, corse sfrenate senza ossigeno (Hate By Design) solo per schiantarsi sul grido finale in Ascension. Un disco legato da testualità profonde, dovute proprio al master mind delle lyrics, Jesse Leach su variegatura di tematiche come il razzismo o il suicidio.
Un disco con pezzi dal tiro micidiale, geniali e orecchiabili che agli amanti del genere e seguaci della band non solo hanno sbranato, ma hanno digerito all’istante per un nuovo ascolto e un altro ancora. Che siano denti digrignati o occhi umidi quelli dell’ascoltatore di fronte a ritmiche da pungi in faccia o melodie incantevoli, in entrambi i casi sono perfettamente in fusione ad opera di coloro che hanno plasmato il genere metalcore.
L’avanguardia della militia metalcore.
Brani suggeriti: Cut Me Loose, Alone I Stand, Hate By Design.
Per le mini recensioni di tutta la discografia dei Killswitch Engage di SICK AND SOUND: www.sickandsound.it/lavanguardia-della-militia-metalcore-killswitch-engage .
9. Veil Of Maya – False Idol
False Idol, dello scorso Ottobre 2017 in release tramite Sumerian Records e sesto album della formazione metalcore, deathcore e djent del panorama statunitense Veil Of Maya. Secondo disco con la partecipazione del nuovo cantante Lukas Magyar, lo strepitoso lead singer che adotta una linea vocale in clean and clear incorporata a laceranti screaming e growl. Un personaggio che accanto al genio del songwriting della formazione, il chitarrista Mark Okubo, nel disco sfonda ogni muro del suono perforando arrangiamenti blindati con le sue distorsioni vocali tormentate e sciogliendo ogni tensione rabbiosa nel range pulito della sua voce su momenti di narrazione atmosferica e chorus orecchiabili e ricantabili. Durissime e granitiche linee di basso trascinano le tracce, insieme a un riffing spietato e una ritmica robusta. Sono arrangiamenti in deflagrazione che lasciano abbandonarsi su melodie luminose nei break down incantati e surreali che solo i Veil Of Maya sanno eseguire con lo stesso trasporto. Linee melodiche fini ed eleganti si disciolgono in elisir sonoro nel rancore oscuro e rabbioso che circonda le tracce.
L’allure della melodia avvolge passaggi dannati e regala una experience in the dark unica.
Brani suggeriti: Fracture, Overthrow, Doublespeak, Follow Me, Manichee.
Per la recensione track by track di SICK AND SOUND: www.sickandsound.it/veil-of-maya-false-idol-melodie-luminose-nelloscurita-sonora-dellego.
10. Novelists – Noir
Uno dei migliori album metalcore indiscussi del 2017, Noir, della formazione parigina Novelists. In uscita nel Settembre 2017 tramite Arising Empire / Sharp tone Records.
Accoglie tracce che nel nero di cui si caricano aprono ad un ascolto oscuro e drammatico, ma infondono anche armonia tingendosi di una pennellata melodica e luminosa. Sono brani ultra orecchiabili, che chiedono ascolti multipli in dipendenza totale dell’ascoltatore spinto a un inguaribile headbanging in tracce come A Bitter End, Grey Souls, all’incanto totale di una miscela perfetta di pace e rabbia con l’opener Appel Du Vide. Impossibile sfuggire al sing along di anthemic chorus come in The Light The Fire, lead single dell’album. Un lavoro eccezionale e squisito quello dei Novelists, sulla timbrica pulita più perfetta di Matt Gelsomino con linee vocali multiple in alcune sezioni, in lacerazione delle sue distorsioni vocali pungenti e abrasive. Noir accoglie arrangiamenti dal groove travolgente e blast beats al massimo del gusto metalcore, guitar riff stoppati, fragorosi e fantastici a volte in armonia, a volte in contrasto, ma sempre in incastro perfetto. Non mancano linee di basso plutoniche come comanda il genere. Metalcore liquido esala la sua rabbia e aggressività ma si sfuma tra le ceneri del suo fuoco con inserti melodici che lo spengono, e tingono l’atmosfera di fumo. Squisito.
Brani suggeriti: L’Appel Du Vide, Les Nuits Noires, A Bitter End, Grey Souls, The Light The Fire, Heal The Wound.
Per la recensione track by track di SICK AND SOUND: www.sickandsound.it/novelists-noir-luragano-metalcore-turbinio-seducenti-oscure-melodie-dellanima .
11. Northlane – Mesmer
Quarto album in studio dei Northlane, band metalcore e progressive metal australiana, pubblicato lo scorso marzo 2017 tramite UNFD.
Un album concettuale, il cui nome è ispirato al medico tedesco Franz Anton Mesmer, capostipite dell’omonimo mesmerismo e dell’ipnosi terapeutica. Mesmer si dedicò alla fine del 700 allo studio del magnetismo elaborando teorie a partire da quello animale, reputando che il libero flusso magnetico ed energetico nell’essere umano sarebbe in grado di influenzarne lo stato di salute (la traccia Heartmachine riflette questo modello sul funzionamento del cuore umano). A questo si sono ispirati i Northlane, attraverso l’introspezione, perno della band e le molteplici tematiche che con lyrics impegnate attraversano il disco esplorando gli aspetti dell’esistenza umana dalla perdita (Paragon) alla depressione, all’impegno etico, l’atto della creazione (Colourwave), la società (Savage). Titoli ammalianti per le proprie tracce, annunciano il contenuto di ogni pezzo straordinario nel disco. I Northlane riescono con Mesmer ad avvolgere l’ascoltatore con un alone seducente e magnetico. Il disco si divincola fra aggressività e poesia, in sperimentazione sonora verso aspetti melodici e alternative. Rispetto al precedente Node del 2015, la heaviness dei Northlane è in scivolamento verso il melodic metalcore. Un solido riffing a cura di entrambe le chitarre è in grado di regalare in questo disco, momenti di esaltazione e agitazione in totale frastuono con sfumatura su passaggi di calma e delicata serenità (la pulita e arpeggiata Solar). Energia e vigore nelle percussioni, scandiscono il battito di un album profondo dove non manca del synth come non mancano intensi break down, e linee di basso massicce e gloriose come in Paragon, dove il richiamo è molto forte ai Veil Of Maya. Bello e dannato nelle vocals, l’eccezionale Marcus Bridge, picchia e accarezza con le numerose sfaccettature della sua voce dal clean allo screaming più brutale, al graffiato, al registro più alto e perforante della sua timbrica domata a puntino.
Un album altamente espressivo e coinvolgente, profondo nelle mille sfumature della propria arte convogliata con passione vissuta e comunicata fino all’ultima nota.
Corpi biomeccanici con cuore umano.
Brani suggeriti: Citizen, Colourwave, Heartmachine, Render, Paragon.
12. Make Them Suffer – Worlds Apart
Collezione di dieci brani ad opera di un’altra band metalcore australiana, i Make Them Suffer con Worlds Apart, il terzo album in studio in release lo scorso luglio 2017 tramite Rise Records.
Siamo al cospetto di una formazione appartenente alle frange più pesanti del metalcore. Dal debutto deathcore cosparso di blackened del disco Neverbloom, le sonorità dei Make Them Suffer si sono attutite in questo album lasciando la mano al death, per vestirsi di gotico, sinfonico, ambient e onirico grazie alla presenza alle notevoli backing vocals con ausilio di tastiere della musicista Booka Nile, in intreccio fatale con le distorsioni vocali e il cantato di un colleroso Sean Harmanis. L’aspetto evanescente e sinistro è un aspetto unico che contraddistingue il sound dei Make Them Suffer e li isola da ogni altro rivale dello stesso soundscape e la linea dell’haunting è conduttrice dell’intero disco. Un album melodrammatico che apre con inquietudine e tensione sulla opener The First Movement, seguita con charme e stregoneria magica sul tintinnio di Uncharted, strappa la pelle su Grinding Teeth e un arrangiamento nevrotico calato nel black. Pezzi roventi e rabbiosi su ritmica mitragliante e guitar riff che aprono e chiudono fauci sul cantato lacerantissimo, Vortex o le infernali Midnight Run, Dead Plains, Save Yourself. Le contaminazioni synth ed elettronica sono largamente impiegate come in Contact, un pezzo senza nessun elemento metal ed esclusivamente electro da battito cardiaco attutito. In Power Overwhelming l’elettronico è fuso all’aspetto metallico dello strumentale in incastro geniale.
Sean Harmanis lacera con una varietà di distorsioni vocali dal mid range growl, alla tendenza gutturale e fry screaming appoggiato in altezza perforante, KVLT screaming e graffiato a volontà lasciando alla compagna d’armi Booka Nile, il cantato etereo e pulito.
Un disco su mood dolce amaro, oscuro e decadente.
Brani suggeriti: Grinding Teeth, Uncharted, Vortex, Save Yourself.
13. Dead By April – Worlds Collide
Worlds Collide è il quarto album in studio dell’outfit svedese Dead By April, in release lo scorso aprile 2017 tramite Spinefarm Records.
Un disco che fa largo uso di synth ed elettronico in combinazione esclusiva con il cantato pulito e armonizzazione vocale, incastrato a cubo di Rubik nelle sezioni di metalcore dove l’heaviness fa da regina indiscussa con riffing fragorosissimo e blast beats che sparano proiettili d’argento. Questa band ferisce a sangue nei pezzi più spaccaossa e crea un ambient elettronico onirico sin dal pezzo di apertura Crying Over You, dove questo binomio è evidente. Il brano opener è anche intriso di pop plastico e abbondante melodico. Prepara per la successiva I Can’t Breathe, con chorus memorizzabile e in grado di riscuotere un sing along da arena. Un pezzo bello e accessibile in sperimentazione electro synth, con martellante ritmica e riffage dove la miscela distorsioni vocali pungenti-pulito e aggressivo-melodico è in fusione liquida. Il disco ospita tracce dove il muro di chitarre è blindato e quello delle sezioni di batteria aggrovigliato e impenetrabile, lo screaming è abrasivo e perforante. È il caso di This Is My Life. Traccia perno della brutalità di un album che finora l’aveva miscelata in un blend senza spigoli, è un pezzo d’assalto dove le harsh vocals sono il carro armato in high screaming lacerantissimo, keybords ed elementi ambient chimerici ed avvolgenti nel retro. Il massimo del voltaggio nel lavoro di corde e di pelli. Un pezzo assurdo dove anche la testualità si mostra più matura. Stritolano la mano alla stessa heaviness di base in contorsione fra passaggi più melodici Playing With Fire, Warrior, Can You See The Red. Un’inserto nella collezione di brani è la rock ballad Perfect The Way You Are, e un ultimo brano di chiusura dove un cantante e attore svedese dalle grandi doti canore, Tommy Körberg, conduce esclusivamente il cantato sullo strumentale dei Dead By April e regala una performance unica nell’album.
Electro metalcore allo stato più puro della materia.
Brani suggeriti: I Can’t Breathe, Playing With Fire, Breaking Point, Our Worlds Collide, This Is My Life.
14. Moments – Outlast
Outlast, ultimo EP e terzo disco di una formazione metalcore dal Belgio, che si staglia anche nel soundscape melodic hardcore, i Moments. Sono contraddistinti da features uniche in quanto a catchy chorus, una forza impetuosa nell’esecuzione alle pelli, energia inarrestabile alle corde e furia vocale allo stato più bruto. Sono elementi che si fondono a melodie che fluiscono liquide negli arrangiamenti e in grado di smorzare la forza impetuosa dei brani che le contengono. I Moments conducono una battaglia impavida su lyrics impegnate fra melodia ed heaviness. Chitarre reboanti e riff stoppati sono inghiottiti dalla profondità e intensità di linee di basso piombate, mentre la batteria pulsante si avventa su di essi coi suoi blast. Basta un solo ascolto a questa selezione di 5 brani per regalare una degna nota di merito alle chitarre dei Moments il cui lavoro su riff virtuosissimi, ricchi ed intricati è ad incastro impeccabile nel songwriting. Se volete allargare la vostra conoscenza metalcore con una band stupefacente, prestate il vostro orecchio a questo EP la cui delivery in pochi brani è trainata da una forza indomita, una tecnica superba di tutti i componenti.
Un lavoro in collisione dei sensi fra melodia ed heaviness che prepotente chiede la rivisitazione delle tracce dalle quali si sviluppa una dipendenza estatica.
Brani suggeriti: What If, All It Takes, Our Faults Our Failures.
Per la recensione track by track di SICK AND SOUND: www.sickandsound.it/spietato-arsenale-hardcore-dal-flair-melodico-moments-outlast-ep.
15. END – From The Unforgiving Arms Of God
Un EP di debutto degli END, un supergruppo da denti serrati, che vede combinati cinque musicisti dei gruppi più spaccaossa del soundscape metalcore, deathcore e hardcore dagli States. Con lo stesso cantante dei Counterparts Brendan Murphy, Will Putney chitarra dei Fit For An Autopsy insieme al chitarrista Gregory Thomas dei Misery Signalsm, Jay Pepito dal basso dei Reign Supreme e il batterista degli Structures, Andrew McEnaney. From The Unforgiving Arms Of God è selezione di sei brani dove una rabbia selvaggia non accostabile in minima parte all’umano fa da regina. Un’indomabile forza sonica intrisa di odio e disprezzo per la società moderna è inoculata all’interno delle lyrics dei brani, e viene liberata all’esterno dalla ferocia dello strumentale. Tracce che scatenano l’havoc totale su groove micidiale e distorsioni vocali che chiamano alla distruzione di massa. La ritmica generata dal lavoro di pelli è indiavolata e pesta dannata a passo spedito nei brani, per mano in caduta libera con il riffing vigoroso, tecnico e talvolta stregato all’ascolto. Un disco breve e dinamico, che non lascia vero spazio al melodico armonioso ma che concede solo una tregua miscelando la brutalità a quel passaggi placati ma ossessionanti e sinistri.
Introduzione e distruzione sonora agli END.
Brani suggeriti: From The Unforgiving Arms of God, Necessary Death, Survived by Nothing.
Per la recensione track by track di SICK AND SOUND: www.sickandsound.it/end-from-the-unforgiving-arms-of-god-caos-incarnato-si-leva-fra-comuni-mortali .
Per la prima parte della selezione TOP 15 METALCORE ALBUMS 2016-2017: www.sickandsound.it/top-metalcore-albums-2016-2017-parte-prima
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