Un’ondata di energia rock e blues contagiata dalla new wave. MAKS: 3FT NO DIVING.

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MAKS. THE MAN.

BIO

 

 

MAKS è un progetto appartenente al soundscape rock olandese, incentrato sulla figura del cantante, musicista e polistrumentista Maks Antraks detto anche Maks A., psedudonimo del batterista Peter Lebbink. Nato a Rotterdam, Maks ha trascorso la sua vita immerso nella musica sin dagli anni 70. Si tratta di un progetto solista, anche supportato da musicisti in rotazione tra cui: l’amico di lunga data Peter Barnouw alla chitarra e al dobro, il bassista Claudio Guliker, il guru del sintetizzatore Andy Kockelkoren, il chitarrista e cantante blues-rock Jeroen van Tuijl e dal Kentucky un altro chitarrista, Tommy Stillwell.

 

 

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Tra il 1976 e gli anni 80 Maks ha preso parte a diverse cover band, inoltrandosi nel genere new wave fino al 1984. Dopo una pausa nella musica, la scintilla si è riaccesa nel 2007 con una formazione blues-rock in attività per cinque anni. Al tramonto di questo progetto, Maks ha vestito nel 2013, il ruolo di batterista sostituto di una band olandese dello stesso genere, i JVT e preso parte a loro tour negli Stati Uniti. Un viaggio dal Michigan a Clarksdale che ha condotto Maks sul road trip che avrebbe segnato una spaccatura nel suo percorso musicale e lo avrebbe ispirato in profondità a fare il grande passo verso una carriera solista.

 

 

MAKS. SOUND.

 

 

Il gusto personale di Maks spazia da idoli quali Iggy Pop, Alice Cooper e David Bowie coi quali è cresciuto e dai quali è stato influenzato nella sua carriera. Ma l’impronta decisiva del suo sound è dovuta al genere new wave degli anni 80 e nomi quali Ultravox, Magazine e Gary Numan. Questa vena confluisce nelle sonorità di questo intraprendente artista insieme ad altri due generi che in una fase successiva della sua vita sarebbero stati apprezzati e assorbiti a pieno: il blues e il country-rock. Sono nomi iconici del genere ad aver sfiorato la composizione di Maks come: John Mellencamp, Black Crowes e più recentemente i Black Keys.

 

Maks è un musicista a 360 gradi, cimentatosi nello studio autodidatta di chitarra, basso, tastiere, batteria e canto. È dotato di una timbrica vocale corposa e greve, che si arricchisce di grit al bisogno, e regala momenti di intensa espressione. Appassionata e intrisa di sentimento, trainata dalla spinta che ha condotto questo artista a perseguire il proprio progetto nella musica. La stessa che lo ha chiamato per tutta la vita.

 

“When you do something that you love, you should do it properly…” The rest is, as they say, history…” MAKS.

 

 

MAKS. DISCOGRAFIA.

 

 

A seguito dell’American tour al quale Maks ha preso parte come touring member dei JVT, l’artista ha lavorato alla composizione di un album che ha battezzato Winter In Vegas nel 2013. Un secondo lavoro ha visto la luce nel 2015, come collezione di cinque brani rimasterizzati e originariamente contenuti in Winter In Vegas, un disco di riarrangiamenti; diffuso prima come un EP al solo scopo promozionale, poi in una versione commerciale intitolato The Heart Machine. Nel giugno 2017 Maks ha pubblicato il suo full-length con 12 brani, 3Ft No Diving, in release indipendente e interamente seguito dalla fase di composizione, mixaggio e produzione dallo stesso artista.

 

 

 

MAKS. 3FT NO DIVING.

 

Track by track

 

 

 

Dodici brani contagiosi e carichi di energia. 3ft No Diving è un album intriso di blues, rock e sezioni di tastiera che scivolano nella New Wave.

 

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La successiva è Lay Down Low, che apre in monocanale pertanto la resa del brano sin dalle prime sonorità è ottimale in cuffia. Una miscela di suoni urbani preannuncia un arrangiamento pieno di vita e una quantità di energia positiva e coinvolgente è cosparsa nel resto del brano. La ritmica avvolge la traccia con euforia sulle sue palpitanti percussioni. Un brano ricco nella strumentazione con  ausilio di cimbali, dobro, linee vocali multiple oltre al cantato principale corposo e un pulsante basso in evidenza. La sezione centrale è molto accattivante, nel parlato con sussurrato su esclusive linee di basso, arriva a spezzare la composizione per rialzare improvvisamente l’asticella energetica verso il rosso. Un brano fresco che regala una chiusura sulle sole corde di chitarra e basso pizzicate e chiude col suo bluesy vibe.

 

Career è una traccia spensierata nella composizione con ritmica che è impossibile non ribattere col piede, e dove fa da protagonista la voce piena di Maks che si serve di graffiato. È un brano incentrato sulla realtà lavorativa diversa dai sogni, dove il ruolo implica una buona faccia a cattivo gioco e talvolta la falsità della persona. Sullo stesso groove virale, contagioso e dinamico anche un altro brano più avanti nella tracklist, Last Thing On Your Mind. Una traccia sulla realizzazione del doppio volto della persona che fra le righe lascia intuire l’inaffidabilità e il tradimento. Maks riesce a rendere indorate tematiche di consuetudine aspre dell’essere umano coi suoi arrangiamenti blues dall’andamento allegro.

 

Lascia spazio al seguente pezzo in coda, The Gods In My Head, con lyrics brillanti quanto mai criptiche. Il brano riscontra apprezzamento sin dall’apertura e abbraccia un lavoro di corde sia in elettrica che in acustica notevole con gustoso assolo centrale e tanto di ammaliante sezione con flauto. La voce di Maks qui è calda e profonda nel pulito quanto espressiva nell’abrasività. 

 

 

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L’album include due cover, Stones in My Passway di Robert Johnson e Waiting for The Man dei Velvet Underground. La prima ruota principalmente intorno al lavoro della chitarra effettata e dei suoi giri che trascinano il resto dell’arrangiamento con supporto da linee di basso dense nel retro e linea vocale seducente e molto corposa in clean and clear. All’ascolto si ha l’impressione di vedere Maks ammiccare mentre canta tanto è accattivante. La seconda, la traccia scritta da Lou Reed e suonata dai Velvet Underground è riproposta con riarrangiamento più moderno e pulito nello strumentale quanto nella voce, che qui non va dietro a quella originale ma mantiene la sua timbrica spessa e piena di fascino senza calcare il quasi parlato del cantante dei Velvet, ma mantenendo una linea più continua e offrendone una dilettevole rivisitazione più rock.

 

Critical Mess è un brano molto ricco nello strumentale, in tripudio di chitarra con pizzicate flamenche e dalla sonorità tipicamente spagnoleggiante con tanto di nacchere.  Non tarda ad arrivare anche un assolo di chitarra solista. La composizione vede come elemento centrale la tastiera che, in evidenza in tutto il pezzo, riempie l’arrangiamento con un elemento inquietante e atmosferico. Getta sul brano un velo di tenebroso il cantato in backing vocals che propone dei versi finali in lingua spagnola. Testualità cucite su una trama oscura in trasparenza, cosparsa dagli elementi elencati. Amore e dolore in contrasto critico.

“Although opposites attract, there’s too much happening within, they violently interact,  it’s life or death beneath the skin”.

 

Maks ci regala incanto con la successiva Look At You. Mi è bastato ascoltare le prime note in sola chitarra acustica per renderla uno dei brani preferiti di 3ft No Diving. Accarezza sui suoi giri di chitarra che sanno di post grunge se non che la voce non adotta alcuna forma di grit, ma in clean and clear regala il massimo della propria profondità. La multidimensionalità del brano sin dall’apertura è favorita dal basso che soffice si introduce nel songwriting per mano con il cantato dopo una trentina di secondi. Il registro vocale adottato è il più basso e pulito che ascolteremo nell’album. Un brano bellissimo che dalla seconda metà accoglie una sezione di chitarra elettrica eccezionale al culmine dell’assolo tecnico.

 

 

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Sull’evoluzione e sull’insignificanza dell’essere umano, puntina in un universo immenso il brano Xhair, che coinvolge sul suo catchy chorus, assolo in elettrica, e sezione finale in parlato e sola chitarra acustica al centro e in chiusura. La ritmica è viva, saltellante ed elettrica ed emana notevole energia contagiosa.

 

Siamo quasi giunti al termine quando arriva il brano Winter In Vegas. Un pezzo grazioso, gradevole e armonioso con tanto di fischi western incentrato sulle testualità sugli aspetti della vita di Las Vegas, dove tutto sembra oro che luccica. Chiude inaspettatamente su sola sezione al pianoforte in diminuendo.

 

La traccia closer Snow, che come il brano allo specchio in apertura faceva da intro, questa fa da outro. Se avevano aperto un’atmosfera piovosa e suoni da temporale estivo, la chiusura regala la sensazione che Maks vuole lasciarci la mano con dolcezza. Si possono ascoltare campanelli tintinnanti tipicamente natalizi, e un’atmosfera angelica che lascia pensare al silenzio di una serata di Dicembre sotto alla neve con i lampioni accesi, unica luce nel buio a far luccicare i fiocchi di neve che cadono soffici.

 

Una dicotomia quella del temporale estivo con fragore di cicale, che chiude in cerchio con questa tenerezza invernale un album profondamente espressivo. Strumentalmente variegato e ricco il nuovo disco di Maks, in grado di regalare istanti di musica vissuta al massimo del sentimento e della passione di realizzare qualcosa di bello da parte di chi la musica non la vive soltanto, la sente davvero risuonare dentro di sé e riesce a regalarne la stessa scintilla.

 

Brani preferiti: Lay Down Low, The Gods In My Head, Look At You

 

 

MAKS è nei nostri player Song of The Week con il brano Look At You, Album Of The Week con 3ft No Diving e farà parte della Top 10 Songs of the Week con Lay Down Low in uscita il 15 per la terza settimana di Gennaio.

 

 

 

 

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